La superstrada di Los Angeles

Si può sentire nostalgia del Texas quando abiti in California? Anche a John Fante mancava il Colorado quando viveva per le strade di Los Angeles, attanagliato da “devils & dust”.
Questa è anche una canzone da emigranti in realtà, di nostalgia per la propria terra, un sentimento che ti prende spesso quando abiti in una metropoli. Consiglio la lettura di “Le metropoli e la vita dello spirito” di George Simmel, illuminante.

Comunque sia, L.A. freeway: gran bella ballata!

Un mondo a sé

Ieri sera ho riletto questo appunto scritto qualche mese fa, in pieno autunno. Mi fa piacere  condividerlo con voi 🙂

“Ricordo quando entrai una delle prime volte in questa soffitta, al massimo potevo avere sette anni. Fu allora che nacque un grande rapporto. Vedevo questa stanza come un luogo accogliente, sicuro e al tempo stesso misterioso.
Mi divertivo ad esplorarne cassetti e comodini, in cerca di giochi, di fotografie e vecchi libri. Quanto sono grandi 17 metri quadri per un bambino che ha qualcosa da scoprire ..!
Forse è proprio qui dentro che entrai in contatto con il legno. Tutto l’arredamento era composto da mobili di bambù e listelli di rovere fissati alla parete. Emanavano un profumo inebriante e caloroso.
Poi con il tempo la stanza cambiò, fu adibita a vero e proprio deposito, e smisi di andarci.

Ciò che me la fece riscoprire verso i 13 anni fu la ricerca di un posto per le mie prime sigarette.
Da allora divenne un ritrovo di amici adolescenti e il posto in cui iniziarono i miei primi esperimenti con la musica. Iniziai a smantellarla e ad arredarla a mio piacimento, a partire da un frigorifero verniciato grigio metallizzato che riempivo con bottiglie di Bayles!
Diventò una stanza di prove, di confessioni intime, di ascolti ossessivi, di studio musicale, di successi e fallimenti: un mondo a sé.

Non ho mai capito se io abbia mai smesso di essere bambino. Credo che qui ogni tanto me ne conceda il lusso. In questo posto ho il coraggio di provare e di creare in assoluta libertà, privo di condizionamenti esterni.”

Raramente sono autoreferenziale, mi piace poco parlare di me stesso agli altri, a meno che non si tratti di persone con cui ho una particolare intimità.
In questo caso ho voluto fare un’eccezione perché credo che ognuno di noi abbia un posto particolare in cui riesca a sentirsi completamente a proprio agio. Forse è la doppia faccia di una stessa medaglia, proprio perché un luogo del genere può esser visto solo e soltanto come rifugio.

Ogni uomo ha bisogno di un rifugio sicuro, un posto in cui può staccare la spina da tutto e da tutti. L’importante è non fare in modo che quel posto diventi anche una prigione, un ingarbugliarsi di idee che si perdono nell’aria.
Il rapporto con una casa, con una stanza, che sia ricca o povera, credo sia un elemento essenziale della vita di una persona. Nel mio caso cerco di “usarla” come un bambino che muove i primi passi prima di iniziare a camminare.
Questo mi ha insegnato la mia soffitta, a tentare e a perseverare, prima di uscire allo scoperto.